Art.37 della Costituzione Italiana: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.”
– Si certo, e come no!
Il proseguo dell’Art.37 non lo voglio neppure commentare “Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”
– Della sua essenziale funzione familiare? Essenziale funzione? No, vabbè.
Certo i presupposti non sono dei migliori ma questo è niente rispetto alle insidie della giungla lavorativa. Sì, anche perché noi fessacchiotte ci coalizziamo facile contro il “maschio” che gode di una serie di condizioni migliori delle nostre (non solo retributive) a parità di lavoro o anche meno.
– A parole … perché poi nei fatti.
Inizio primavera dello scorso anno, valige alla mano, sono partita per una nuova avventura lavorativa. Carica a molla, piena di idee e mille aspettative … dopo 36 anni di onorata carriera mi sono trovata letteralmente catapultata in una foresta con una inaspettata biodiversità.
La storia sarebbe lunga ma vi racconterò solo qualche curioso aneddoto sulla fauna femminile autoctona. Femminile perché sparare sulla croce rossa dell’altro sesso è troppo facile.
Day 1 Dialogo con la collega dell’amministrazione:
– io: “ma non dovrei firmare un contratto di assunzione?”
– lei: “sì, ma non è pronto perché non sappiamo come farlo”
– io: “in che senso?”
– lei: “sai, sei la prima dirigente donna che ci capita”
– io: “beh spero di non essere l’ultima … e quindi? Non ci sono altri dirigenti in questo posto?”
– lei: “si, ma sono uomini!”
Day successivo Incontro con i sindacati, tavolo sul Lavoro Agile (o Smart Working) – si discute dell’accordo e in particolare del decreto milleproroghe a tutela dei lavoratori “fragili” e della genitorialità, gli interventi sono un continuo:
– “l’azienda deve agevolare le mamme!”
– “le mamme hanno bisogno di stare vicine ai figli”
– “le mamme devono andare a prendere i figli a scuola … aiutarli nei compiti … accudirli … rifocillarli …”
– “Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare”.
– Al mio: “scusate, possiamo per favore parlare di genitori? Io non ho figli ma mi pare che si facciano in due … perché dite sempre le mamme?”.
– Ed ecco la rappresentate sindacale cazzuta azzannarmi prontamente alla giugulare: “parla la solita donna frustrata perché non ha figli!”
Seguono risatine dei presenti, ambosessi.
L’ira funesta delle cagnette … cantava De Andrè nella bellissima “Bocca di rosa”.
Day successivo successivo Pure questo mi è toccato vedere: colleghe che si sono letteralmente azzuffate per il “privilegio di accompagnare” il grande cinghiale (il proprietario). Non sto scherzando!!! Si sono tirate i capelli sotto lo sguardo divertito (o forse anche altro) dei colleghi maschi.
Più usuale invece è la difesa del territorio o il sacrificio … si sa a noi donne piace un sacco fare le regine senza trono in cambio dell’essere “considerate”. E allora ecco che si accettano retribuzioni basse perché “l’azienda ora non se lo può permettere”, di servire il caffè durante una riunione perché son tutti uomini, di fare favori personali “perché me lo ha chiesto il grande capo” … tutto pur di credere di poter esercitare il potere di influenzare le decisioni.
Una ex-collega poco fa ha scritto su linkedin “Penso che promuovere la leadership femminile sia essenziale per garantire una rappresentanza equa e diversificata nelle organizzazioni”
Io invece penso che sarebbe importante che le parole fossero supportate da concrete azioni che rendano consuetudine, prassi, normalità qualcosa che ancora stupisce. Finché sottolineeremo la presenza delle donne, finché diremo “è stata la prima donna”, finché avremo bisogno di garantire una presenza femminile in qualsiasi contesto per evitare che i consessi siano solo maschili, credo che la parità non sarà stata raggiunta. Finché noi donne non agiremo con coerenza, non impareremo ad esigere rispetto e a non farci la guerra a vicenda, ci sarà sempre bisogno di un Art. 37, per altro scritto in un contesto sociale ormai profondamente mutato, per affermare la nostra esistenza come professioniste nel mondo del lavoro.
Antonella
Professionalmente parlando sono una nativa digitale. Dopo la laurea, a 24 anni ho iniziato a…
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