Siamo nell’inverno del 1944, al tramonto del ventennio fascista, quando in una piccola caserma della guardia ferroviaria di Asti arriva l’ordine di redigere una mappa delle ferrovie del Messico. Ordine giunto direttamente dagli altissimi papaveri del Terzo Reich.
Per portare a termine la missione viene scelto il giovane Cesco Magetti, afflitto da un mal di denti atroce e con poche o nulle conoscenze relative allo stato nord americano. Se si volesse fare una descrizione classica di si potrebbe iniziare così.
La verità è che in queste 800 pagine di romanzi ne troverete più d’uno. Un viaggio tra generi diversi, tra citazioni letterarie e storiche, molte vere, tante inventate dalla fantasia dello scrittore. Un percorso guidato attraverso un italiano ricercato, scorrevole, piacevole, innovativo e antico allo stesso tempo. Ho scoperto tante parole che non conoscevo e ne ho ricordate molte fuoriuscite dall’uso comune.
Griffi ha scritto un romanzo di storie e vite che si intersecano, appaiono e scompaiono sulla superficie del racconto come se fossero pesci del Mare del Nord. I racconti messicani, le storie del cimitero di Asti, la serata di gala di Hitler ed Eva Braun, l’elenco dei demonietti che appaiono nel niente, la mammana un po’ sarda un po’ strega, le notti all’Aquila Spezzata, le denunce sociali, i cruciverba completati per strada e la sala d’attesa del dentista.
Ci vorrebbe un altro romanzo solo per elencarli tutti. In definitiva. Siamo di fronte ad una grande storia, no, sicuramente no. Siamo di fronte ad un viaggio che poteva serenamente durare altre 800 pagine perchè di storie e linguaggi se ne potevano aggiungere in quantità. E Gian Marco Griffi sarebbe stato capacissimo di farlo come scoprirete leggendo l’ultima pagina, l’unica, della seconda parte del romanzo.
Consigliato? Se siete di quelli che amano partire all’avventura, che coltivano il piacere di leggere, che prediligono la bella scrittura alla trama avvincente che amano Garcia Marquez e altri scrittori sudamericani, allora si.
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