La seconda sessione dell’incontro “Scegliere le parole. Il lessico delle malattie neurodegenerative” ha approfondito il tema della comunicazione di queste patologie, esplorando le dinamiche familiari, sociali e i diritti delle persone coinvolte. La sessione, moderata da Paolo Bandiera, Direttore affari generali e relazioni istituzionali AISM, ha messo in luce come il linguaggio non sia neutro, ma plasmi la realtà e influenzi la percezione delle malattie.
L’incontro si è aperto con l’intervento della Dottoressa Daniela Perani, Neurologa e Neuroradiologa, Professore Emerito di Neuroscienze presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. La dottoressa ha sottolineato come la conoscenza sul funzionamento del cervello, oggi più accessibile, abbia portato a una maggiore consapevolezza ma anche a paure legate alla perdita delle sue funzioni. Ha evidenziato l’importanza del concetto di “brain health“, definito dall’OMS come il buono stato di funzionamento del cervello nei diversi domini, indipendentemente dalla presenza di malattia. La dottoressa Perani ha poi discusso della ricerca di biomarcatori di malattie neurodegenerative, come la proteina amiloide, sottolineando come la loro presenza non significhi necessariamente la presenza della malattia e come l’uso inappropriato di queste informazioni possa generare diagnosi errate e paure infondate. Ha ribadito come molte persone con biomarcatori positivi rimangano integre cognitivamente, sottolineando l’importanza di studiare i fattori di resistenza e resilienza alla malattia. Ha concluso il suo intervento sottolineando come molte parole, come “demenza senile”, siano ormai obsolete e debbano essere evitate.
La discussione è proseguita con l’intervento della Dottoressa Stefania Basilico, Neuropsicologa e Psicoterapeuta, Centro di Neuropsicologia Cognitiva dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano. La dottoressa Basilico ha evidenziato l’importanza del lessico, inteso come il deposito di parole di un individuo, e di come i disturbi del lessico si manifestino precocemente in patologie neurodegenerative, rendendo difficile la comunicazione e creando frustrazione nella persona con la malattia. La dottoressa ha evidenziato come la perdita di autostima, legata alla difficoltà nel trovare le parole, porti spesso al ritiro sociale.
Un momento particolarmente significativo è stato l’intervento di Giangi Milesi, Presidente della Confederazione Parkinson Italia e Vicepresidente della Fondazione Pubblicità Progresso. Milesi ha sottolineato l’importanza di dare voce alle persone con malattie neurodegenerative e di unire concetti, idee e vissuti per dare un’anima alle parole. Ha evidenziato come il linguaggio possa essere utilizzato in modo strumentale, ad esempio nel caso dei migranti, e ha criticato l’uso del termine “morbo” per definire il Parkinson, sottolineando come questo contribuisca alla stigmatizzazione. Ha parlato dell’importanza del “coming out” delle persone con malattia e di come questo possa aiutare a superare l’isolamento.
La sessione ha visto anche l’intervento di Elisa Longo, giornalista e ufficio stampa AISLA – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, che ha portato la prospettiva della comunicazione nell’ambito delle malattie neurodegenerative. Ha sottolineato come nel caso della SLA, la comunicazione debba essere chiara e precisa, basata su dati scientifici, ma al tempo stesso semplice.Ha evidenziato l’importanza dell’ascolto delle persone con malattia e dei loro caregiver e del ruolo delle associazioni nel fornire un’informazione corretta.
Infine, l’intervento della Dottoressa Graziella Sirabian, psicoterapeuta e neuropsicologa, ACeSM onlus Amici dei centri Sclerosi Multipla, ha posto l’attenzione sul delicato momento della diagnosi. Ha sottolineato come questo momento sia preceduto da un periodo di incertezza e come il paziente arrivi alla diagnosi con una “tempesta emotiva”. Ha affermato che le parole del medico non debbano essere standardizzate, ma scaturire dalle emozioni, dagli atteggiamenti e dalla capacità di entrare in empatia con il paziente. Ha sottolineato la necessità di non difendersi troppo e di essere al servizio del paziente. Ha ribadito l’importanza dell’ascolto attivo e della verifica della comprensione da parte del paziente.
Anche questa seconda sessione ha confermato quando la scelta delle parole sia cruciale nel percorso di cura delle malattie neurodegenerative, e come un approccio centrato sulla persona sia fondamentale poichè il linguaggio non è solo uno strumento di comunicazione, ma un mezzo per costruire ponti, abbattere barriere e promuovere la dignità di ogni individuo.
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