Il cervello è l’organo che ci permette di essere “sociali”

Ascoltare il “racconto del cervello” da parte dei ricercatori è consolatorio in questi giorni di intensa (e ridondante) conversazione sulle intelligenze artificiali. Il cinema Godard  è stato il setting confortevole anche di questo secondo incontro a cui ho partecipato “Scegliere le parole. Il lessico delle malattie neurodegenerative”, focalizzato sulla comunicazione della prevenzione e sulla preservazione del cervello. La prima considerazione che faccio è una banalissima evidenza,  a portata di proverbio “A capa è ‘na sfoglia ‘e cipolla”: la fragilità del cervello è un tabù e momenti di divulgazione culturale come questi sottolineano proprio l’importanza cruciale di un dialogo aperto e consapevole tra scienza e società.

La prima sessione, moderata da Paola Zaratin, Direttrice della ricerca scientifica della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, si è aperta con gli interventi del Professor Roberto Burioni, Ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, e del Professor Alessandro Padovani, Direttore della Clinica di Neurologia, Prorettore alla Ricerca dell’Università degli Studi di Brescia e Presidente SIN – Società Italiana di Neurologia.

Il Professor Burioni ha subito posto l’accento sul potere delle parole, sottolineando come, in ambito scientifico e medico, il lessico non sia mai neutro. Le parole possono creare ponti o innalzare muri, e la loro scelta accurata è fondamentale per una comunicazione efficace e veritiera. “Il cervello sia un organo straordinario, capace di creare, innovare e contaminarsi con altre discipline. Concetti come la creatività, la contaminazione culturale, l’importanza della socialità e del capitale umano e cerebrale sono emersi come elementi chiave per comprendere la complessità del nostro cervello e la necessità di preservarlo“, ha dichiarato. Un aspetto su cui si è soffermato Burioni è stato quello del concetto di prevenzione, affermando che anche se la scienza non ha verità assolute, è un punto di riferimento per la salute. Ha portato l’esempio del vaccino contro il papilloma virus, sottolineando come, nonostante sia sicuro, efficace e gratuito, molti genitori lo rifiutano. Questa constatazione ha aperto una riflessione su come, spesso, le persone preferiscano credere a ciò che desiderano, mettendo in crisi la forza delle parole e dei fatti. Burioni ha inoltre criticato la sciatteria linguistica, evidenziando come l’uso impreciso delle parole e la mancanza di studio portino a una comunicazione approssimativa, sottolineando come la competenza nel linguaggio derivi dallo studio.

Il Professor Padovani ha continuato la discussione, evidenziando l’importanza di adattare il linguaggio al pubblico per una comunicazione efficace. Ha affrontato la distinzione tra fatti e opinioni, sottolineando come le parole possano essere vere o false, e l’importanza di questa distinzione per la corretta informazione. Inoltre, è emersa la necessità di una comunicazione che non stigmatizzi chi vive con malattie, ma che valorizzi il progetto di vita e il benessere al di là della malattia. Nel suo intervento, ha introdotto anche il concetto di resilienza del cervello, evidenziando come questo organo sia in grado di resistere a molteplici fattori negativi, come l’inquinamento, l’alcool e il fumo. Tuttavia, ha sottolineato come sia fondamentale prendersi cura del cervello per prevenire il suo “default”. Un altro tema interessante è stata la discussione sulla immunosenescenza e su come la vaccinazione possa stimolare il sistema immunitario, evidenziando come le persone vaccinate abbiano una riduzione dell’incidenza di malattie come l’Alzheimer. Il professore ha inoltre sottolineato l’interconnessione tra le varie branche della medicina, evidenziando come non ci siano divisioni nette tra malattie neurologiche e psichiatriche o del sistema immunitario.

Durante il dibattito è emersa la necessità di una professionalizzazione della comunicazione tra ricerca, medicina e persone. Il Professor Burioni, ha sottolineato la frammentazione della medicina moderna e la perdita di contatto con il paziente. Questo ha generato una riflessione su come i medici, sempre più specializzati, si trovino a dover affrontare una sfida: quella di comunicare con persone che hanno un’anima e dei sentimenti antichi.

In conclusione, questa prima sessione ha evidenziato come la scelta delle parole sia fondamentale nella comunicazione della prevenzione e nella preservazione del cervello. Il dialogo tra scienza e società deve essere un processo continuo e consapevole, in cui le parole diventano strumenti di informazione corretta, di inclusione e di speranza. La sfida è quella di creare una comunicazione che valorizzi la persona nella sua totalità, andando oltre la malattia e promuovendo il benessere e la progettualità di vita.

Grazia D

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