Durov e Musk, i bulli del quartiere

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Durov e Musk
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Grazia D

Editor-in-chief di Ascolta News | voice-first native publisher

Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, arrestato per non aver risposto alle richieste delle autorità francesi di moderare i contenuti sulla piattaforma; Elon Musk , presidente di X, rifiuta di nominare un rappresentante legale di X Brasile e la piattaforma viene chiusa.

In oratorio ogni tanto entravano i bulletti. Suor Tecla andava loro incontro e li invitava a unirsi a noi. A volte si fermava a parlare con loro per molto tempo. Alla fine capitava che parcheggiavano i motorini sotto gli alberi e restavano lì senza dare fastidio ma se accendevano una sigaretta Suor Tecla gliela faceva spegnere; oppure facevano qualche impennata per impressionare noi ragazzine e poi se ne andavano.
I bulletti volevano solo essere visti. Noi, le ragazzine dell’oratorio, imparavamo la liturgia del proprio posto nel mondo, un posto in costante relazione con i posti di tutti gli altri.
Anni dopo, leggendo il libro “Tutto è uno” di Talbot ho dato un nome più laico a quella liturgia cristiana: visione olografica. Un approccio che ho sempre rinnovato nelle domande che mi pongo e dunque: cosa imparo dai problemi di Telegram e di X?

Ma partiamo con ordine. Le misure repressive in Francia e in Brasile contro le app di messaggistica evidenziano un punto cruciale: chi fa tecnologia, deve considerare l’intero contesto sociale, legale e politico in cui l’innovazione tecnologica si sviluppa.

Nel mio feed quotidiano si alternano commenti di coloro che sentono queste misure come un attacco alla libertà di parola, altri, di contro, come una misura necessaria. Telegram è descritto come un’infrastruttura critica (ad esempio nei contesti di conflitto come la guerra in Ucraina) mentre si sollevano dubbi sulla sua sicurezza per gli utenti (es. insufficiente nelle impostazioni predefinite). Al di là delle opinioni divergenti, ciò che questa vicenda sottolinea è la necessità di un cambio di prospettiva.
E qui torno a Talbot. Il concetto di “Tutto è uno”, sviluppato dal fisico David Bohm e popolarizzato da Michael Talbot, ci invita a considerare la realtà come un sistema interconnesso, in cui ogni parte riflette e influenza il tutto. Questa visione olografica implica che non possiamo osservare la tecnologia come un elemento isolato, scollegato dal contesto in cui si inserisce. Telegram non è solo una piattaforma di messaggistica che connette utenti tramite server, ma è parte di un ecosistema complesso che comprende dimensioni sociali, economiche, legali e politiche.
E’ necesasrio, e lo sarà sempre di più in futuro, considerare un prodotto, un servizio o un avvenimento in modo olistico. Ogni decisione tecnologica ha effetti che si propagano su molteplici livelli. E, come nella visione olografica di Talbot, ciascun elemento influenza l’intero sistema.

Nel caso di Telegram, Pavel Durov ha gestito la piattaforma come se potesse operare esclusivamente all’interno di parametri tecnologici ed economici, trascurando le dinamiche politiche e legali. Questo tipo di visione limitata può funzionare per un certo periodo, ma quando una tecnologia diventa rilevante e potente, le altre forze in gioco — sociali, legali e politiche — iniziano a manifestarsi in modo inevitabile. Simili dinamiche stanno avvenendo su X , perchè Elon Musk si rifiuta di conformarsi con il governo brasiliano.

Indipendentemente dalla propria posizione su questi eventi, essi ci ricordano che tutto è connesso. La tecnologia non esiste in una bolla separata dal contesto in cui opera, e ignorare le altre dimensioni — sociali, politiche, legali — può portare a gravi conseguenze. La regolamentazione e la vigilanza sono necessarie per garantire che l’accesso alla tecnologia sia equo e non discriminatorio. La responsabilità di prevenire abusi nell’uso delle tecnologie ricade sulla politica e sulle istituzioni, che devono intervenire per garantire un equilibrio tra innovazione e giustizia sociale.

La regolamentazione e la vigilanza non devono diventare un lusso, ma una necessità per garantire che l’accesso alla tecnologia sia inclusivo e libero da pregiudizi. Le istituzioni politiche e legislative hanno il dovere di intervenire non solo per limitare gli abusi di potere, ma anche per creare uno spazio tecnologico che rispetti e promuova la giustizia sociale. Solo così potremo costruire una tecnologia che non serva solo a pochi, ma sia davvero al servizio di tutte e tutti, senza discriminazioni.

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