Conversazione estemporanea di una prof con un’alunna di quinta sull’ insostenibile velocità del cambio generazionale.
Gli incontri, soprattutto quelli occhi negli occhi, hanno il potere di aprire le gabbie e liberarci da pregiudizi e stereotipi. Alla mia età, non è più necessario cercare di mettersi nei panni degli altri, li conosco bene quei panni colorati di rosa e il nero, li trovo adeguati per loro, non per me. Per entrare in sintonia, basta solo ascoltarsi, guardandosi appunto negli occhi.
Ieri pomeriggio così ho fatto, ho parlato con Alice, studentessa di quinta, alunna dalla mente acuta con la quale ho parlato di “come stanno le ragazze”
Siamo partite entrambe dalla stessa riflessione: i cambi generazionali avvengono alla velocità della luce e “quelle” del biennio appartengono ad un altro mondo. Poi ci sono quelle di terza e di quarta ed infine quelle di quinta che stanno varcando la soglia d’adultità.
Chi sono le ragazze del biennio?
“Sono le ragazze che vogliono apparire, appartenere, ostentare, sopraffare, sentirsi accettate, sentirsi superiori, sentirsi forti”.
Ma questi sono obiettivi e priorità di chi appartiene al gruppo: quando ne abbraccio una, infatti, sento un dolce abbandonarsi come se in quel momento il mio abbraccio fosse quello della mamma, perché dietro a quella spavalderia, a quell’ ostentazione di forza, alla maglietta troppo corta e alle unghie da Crudelia Demon, c’è la nostalgia dell’infanzia. Finito l’abbraccio poi esplodono nel litigio e nello scontro fisico, reazioni che una volta erano prerogativa maschile e adesso sanno prendere il sopravvento rispetto alla tenerezza del cuore.
“Profe” mi dice Alice, “sono le bulle che non sanno comunicare e purtroppo è un fattore culturale … in diverse culture l’aggressività e la violenza risolvono i conflitti … questo è un aspetto negativo che ha prodotto forse la convivenza di tante culture”.
Alice continua ed attraverso di lei riesco a vedere le mie alunne di quinta: le magliette sono più lunghe, le unghie più corte, sorridono lievi ma soprattutto hanno la luce nei loro occhi, come quella che avevamo noi, quella dell’entusiasmo, del desiderio di realizzarsi e di offrire un contributo al mondo.
A confortarmi sono le parole finali della mia alunna “sono contenta di essere una donna, perché mi piace prendermi cura di me, dei miei capelli, della mia pelle attraverso la skin care..non tralasciando peró gli studi. Profe, mi piace essere femmina perché noi abbiamo più interessi dei maschi e siamo più intraprendenti”.
Ammiro Alice che con i suoi 19 anni ha raggiunto una consapevolezza che io ho acquisito solo molto più tardi.
W le donne.
Patrizia Thurner
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