La Giustizia Riparativa nei casi di violenze di genere e nel gender gap.

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Grazia D

La Giustizia Riparativa nasce negli anni ’70, ispirata dall’esigenza di mettere al centro le vittime e promuovere l’incontro (quando possibile) fra autore e persona offesa, con l’obiettivo di riparare il danno e favorire la riconciliazione. In Italia, questo modello è stato usato in via sperimentale all’interno della mediazione penale in ambito minorile e inserito in alcuni percorsi pionieristici condotti fra gli anni ’80 e ’90. Gli sviluppi più recenti si collegano alla Riforma Cartabia (Legge numero 134 del 27 settembre 2021, e successivi decreti attuativi), che ha dedicato maggiore attenzione all’implementazione di istituti di giustizia riparativa. In particolare, la riforma ha reso più organica la possibilità di accedere a percorsi di mediazione e di responsabilizzazione nell’ambito dei procedimenti penali. L’accesso a percorsi di giustizia riparativa, percorsi che ricordo seguono una strada parallela e distinta rispetto ai processi civili e penali, dà la possibilità di ascoltare attivamente la voce delle donne. Sebbene la cronaca giudiziaria in ambito femminile sia legata prevalentemente a casi di violenza, la giustizia riparativa rappresenta una chance per ridurre il gender gap, nella misura in cui l’ascolto rispettoso è generatore di cambiamenti anche culturali. Grazie alla collaborazione di enti territoriali, procure e associazioni di sostegno, le donne vittime di reato possono infatti trovare spazi di ascolto e riconciliazione (laddove possibile) che vanno oltre la mera sanzione, includendo azioni di vera responsabilizzazione e riparazione. L’accesso a questi percorsi non sostituisce l’iter giudiziario tradizionale, ma offre alle vittime spazi di confronto sicuri, strutturati e professionalmente seguiti. L’incontro “A scuola di libertà” con Federica Brunelli, mediatrice penale dell’ Ufficio per la mediazione penale del Comune di Milano, mi ha svelato quanto questo strumento sia centrale per ridare voce alle donne, spesso marginalizzate nei procedimenti penali più formali. Se ben attuata, può rappresentare un’occasione di ascolto e dignità per le donne vittime di reato, ampliando la funzione stessa della giustizia e promuovendo la riconciliazione, quando esiste la reale possibilità di un confronto costruttivo.

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